L’arte e la Cultura salveranno il Mondo. Di questo è convinta l’attrice Napoletana, “cittadina del
mondo”, Pina Vergara. Diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica Cassiopea, la giovane ha
abbracciato l’idea e la convinzione che l’attore-artista debba essere portatore di Arte (Artigianale –
Teoria e Pratica) e di Cultura. Un pensiero che l’ha portata a conseguire gli studi Universitari in
Scienze dell’Educazione Sociale nell’ambito dell’Ateneo Fiorentino, prima di intraprendere il
percorso in Accademia capace di donarle la giusta pulsione per unire la Pedagogia-Scienza
Educativa al teatro. Nei prossimi giorni, Pina terminerà inoltre gli studi della laurea specialistica in
pedagogia. In questo periodo, segnato dall’emergenza Coronavirus, la Vergara è cosciente di
quanto sia importante per gli artisti svolgere il loro servizio per il bene della Società.
Ciao Pina, sei preoccupata per come proseguirà il modo dell’arte dopo
l’emergenza Coronavirus?
“Penso che l’arte non si fermi, ha il potere di trasformare e adattare, non è un caso che nei
momenti traumatici e bui la risorsa artistica è determinante per attutire i colpi e adattarsi in
maniera armonica con la novità. Non è strano desiderare di “creare” quando sembra essere tutto
perduto, quando siamo di fronte a prove durissime della vita all’apparenza disarmanti e prive di
possibilità. La quarantena ha posto degli interrogativi su come dare una dignità al nostro lavoro,
un essere rispettati come artigiani di un mestiere che svolgono un servizio per la Società.
In Antica Grecia il Teatro era scuola per eccellenza: è nato prima della Scienza Pedagogica e
dell’Istituzione “Scuola” quanto tale. Ho parlato di questo con l’amico scrittore Stefano Regolo
proprio qualche giorno fa, la quarantena ha paradossalmente dato voce agli artisti e al mondo
dell’arte in tutte le sue forme, in cui abbiamo trovato la forza per andare avanti e ci sarà un
ripopolamento dei teatri, dei cinema e dei centri di aggregazione, proprio perché se non ci fossero
state le risorse artistiche e culturali molti si sarebbero suicidati. Ci siamo rincuorati guardando
film, scrivendo poesie, leggendo, ballando e recitando, guardando gli artisti. Credo, mi auguro e
spero che da questa crisi si sceglieranno sempre l’arte e la cultura, sono loro che salveranno il
mondo. Siamo abituati all’intelligenza cognitiva, ma quella emotiva, artistica, e aggiungerei
anche l’intelligenza della speranza, dove le mettiamo? Le emozioni sono il nostro ponte che ci
connettono con il Mondo e con la nostra capacità di sperare, di guardare oltre, andare lontano e
scorgere sempre delle possibilità anche laddove ci sembrano inesistenti.. Nei momenti bui non
stiamo lì a ragionare, a chiederci quanto fa 2+2, facciamo i nostri calcoli, è vero, perché a fine
mese dobbiamo arrivare, ma due sono le cose: o ti suicidi o balli, canti e reciti. È sempre l’arte che
ti salva”.
Immagino che anche per te l’arte sia stata salvifica.
“Esatto. Ogni volta che sono caduta ho sentito l’arte come questa grande mano che mi ha tirato e
tira su per i capelli. Una forza che mi dice che sono viva. Mi auguro e l’ho scritto anche nel mio
saggio che il teatro, il cinema, la produzione multimediale e tutte le forme artistiche debbano
essere inserite come elementi prioritari di didattica nelle scuole e centri di formazione; come
spero che gli stessi artisti italiani, come già avviene in altre parti d’Europa e del Mondo, vengano
riconosciuti come “lavoratori” dell’arte e della cultura”. Pensa che August Boal salì al potere con
la sua compagnia di attori utilizzando le tecniche e strategie teatrali per fare letture di contesto,
drammatizzare le problematiche con la gente per le strade e stilare insieme leggi e soluzioni.
Hai ragione. Spesso si pensa all’aspetto effimero dell’arte, senza guardare
alla cultura che c’è dietro la stessa.
“È vero. A volte sarei voluta nascere “normale”, ma sono così affezionata al non essere “nella
norma”, la normalità mi annoierebbe e non mi farebbe scorgere la poesia, i dettagli, la bellezza di
quanto ci accade, di qualsiasi cosa ci accade. La Follia dona la grazia di andare in profondità e il
coraggio di andare oltre. L’arte ha il potere di accelerarmi il cervello, le psicologie mi parlano e
sento sempre l’esigenza di creare per svolgere un servizio che sia “osceno”, che rompa gli schemi,
che ci metta in subbuglio, ci scompigli per portarci ad una riflessione che sia emozionante.
Per essere in grado di fare questo bisogna sacrificarsi, studiare, formarsi e condire il tutto con la
“sacra” Passione che è il vero motore di tutte le cose, il desiderio di fare qualcosa per gli altri.
Amo sperimentare, è l’arte che ti chiama e non puoi non ascoltarne il richiamo: di recente ho
iniziato a battere i colpi sulla batteria, associandovi il canto e la recitazione. Mio zio Pasquale era
un batterista che ha suonato con dei grandi. Nella nostra soffitta oltre alla batteria, abbiamo un
sassofono, tre o 4 chitarre, la chitarra elettrica. Non sono tutti miei, anche i miei 3 fratelli sono
stati attratti dagli strumenti musicali come forma comunicativa per andare oltre certi limiti: uno
si occupa di comunicazione, il nostro cucciolo sta studiando come tecnico del suono, mentre il
primogenito è avvocato, anche questa è una forma d’arte!
Sei una donna che ha fatto della Passione il suo motto.
“Spesso mi capita di regalare dei miei pensieri su dei fogli di carta stampati che possano essere di
conforto e sprono, di recente ho distribuito agli invitati del mio compleanno, agli amici detenuti e
colleghe questo mio pensiero che caratterizza anche i personaggi che creo “Sii Folle, senza
ritegno, con i Piedi per Aria e la Testa per Terra… Non dimenticare mai la tua Passione, perché
essa è il Sorriso della tua Anima… Ti permette di Vivere e non Sopravvivere… di vivere per
sempre del fanciullino che è in te…” Se sono una donna di passione e speranza lo devo ai miei
genitori, mia madre è un vulcano che non ha mai mollato e smesso di funzionare, grintoso,
tenace, mio padre invece è medico e sono innamorata del suo modo di vivere il suo mestiere, fatto
con totale dedizione e passione.”
È molto bello questo pensiero.
“Per lui non è mai esistito l’orario di lavoro, si dedica completamente ai suoi pazienti.
Ti dico solo che il giorno prima della mia comunione ha trascorso la notte con un suo paziente
senza arrancare questa scusa, ne avrebbe avuto tutto il diritto, e la mattina presto era già in
forma e pronto per festeggiarmi. Mi ha trasmesso il lavoro come una missione.
I medici sono eroi, ma in fondo tutti siamo chiamati ad essere eroi, a fare del bene nel nostro
piccolo, a portare conforto e passione nella quotidianità con i nostri lavori. Mi piace pensare che
abbia seguito un po’ le sue orme, i medici curano i corpi, gli artisti le anime! Beh, in realtà sia i
medici che gli artisti hanno il potere di curare i corpi e le anime, perché siamo tutt’uno, mente,
anima, cuore, corpo, emozioni, desideri, energia, bisogni e necessità. E in questo anche il nostro
lavoro è una missione. Tutti siamo chiamati a rendere la nostra vita un’opera d’arte e a rispettare
la vita altrui come fosse un’opera d’arte”
C’è qualcosa che vuoi aggiungere su questa quarantena che abbiamo
appena affrontato?
“Vorrei ricordare i nostri nonni. All’inizio della quarantena si tendeva ad emettere un sospiro di
sollievo pensando al virus come un qualcosa che avrebbe steso solo gli anziani. Posso confidarti di
aver provato un senso di inquietudine a pensare la nostra terra senza anziani, mi sono sentita
orfana, sono i nostri bimbi saggi, le nostre fondamenta, la nostra storia. Dovrebbero essere
coinvolti di più nella nostra società, a parlare nelle scuole, nei parchi, nelle piazze per dare la loro
testimonianza come punto da cui partire. Per me è stato sempre rincuorante sentir parlare i miei
nonni e zie dei loro ricordi che mi catapultavano e catapultano in un mondo colore pastello. Mi
affascinava sentir parlare mio nonno Gennaro dei suoi ricordi di guerra, d’infanzia, della sua
storia che si intrecciava con la storia di un Paese. Colgo l’occasione per mandare un saluto ai
nonni Gaetano, Gennaro, Giuseppina e Antonietta ovunque siano perché sono sicura che arriverà
fino a loro; siamo eco e riverbero di quanto lanciamo nel mondo con i nostri pensieri e azioni.
Ho incontrato tanti altri “nonni” nella mia vita, come quando ho fatto assistenza domiciliare ed
ospedaliera. Ho un ricordo alquanto bizzarro di nonna Laura, la cara nonna di un mio caro
amico che quando mi ha rivista dopo tempo voleva aprire la bottiglia di vino, si riattivava, mi
baciava, abbracciava. Questo per me è una gioia, loro sentono il nostro fuoco che entra in dialogo
con il loro fuoco. È un’esperienza forte vederli andare via da noi, è un qualcosa che lascia sospesi,
c’è una sorta di poesia anche in questo. Ho accompagnato due miei nonni nel loro passaggio alla
morte, ho provato anche questa esperienza”.
Che rapporto hai con la morte?
“Ti riporto un pensiero che ho scritto sulla morte e ho interpretato in uno dei corti che realizzo
come associazione del linguaggio poetico a quello cinematografico: la Morte è una Signora,
bisogna solo imparare a ballarci insieme, la fai ubriacare, la spogli…
Una visione un po’ alla Dario Fo di questa Signora Morte come una bella donna. La “Giullarata
del Matto e della Morte” conforta con un messaggio poetico di una donna mortifera che prova
pietà nei confronti di un “povero Cristo” che dovrà portare via con sé; una donna che viene
corteggiato dal “matto”, perché solo una persona folle riesce ad entrare in comunicazione totale
con la nudità, col deserto che è dentro di noi e lo fa ballandoci assieme, lasciandosi andare,
ubriacandosi con essi e trovando in essi delle opportunità per scoprire nuove possibilità, nuove
porte. Questa quarantena deve finire con noi che danziamo con questa bella Signora.