C’è chi scrive canzoni. E poi c’è chi le vive, le incide da solo e le registra nella propria stanza. C’è chi si isola per malattia, e chi, in quell’isolamento, dà vita ad un’opera intera: tra febbre e ispirazione, con l’urgenza di chi non può tenersi dentro più niente. È quello che ha fatto Numa Nardoni, artista fiorentino, poliedrico e indipendente nello stile e nella forma, che in una settimana di malattia ha scritto il suo primo EP interamente autoprodotto, “La Camera di Plastica” (distribuzione Needa Records). Sette brani nati tra visioni febbrili e “suoni plasticosi”, con atmosfere digitali capaci però di raccontare una verità brutalmente umana.
Canzoni che raccontano l’infanzia violata e la guerra (“Dormi”), la libertà di espressione identitaria (“Sei anche Michelle”), la deriva dei social network (“Sbatto”), fino al lato più oscuro e rabbioso dell’esistenza (“Syntheticpunk”).
“La Camera di Plastica” non è solo un titolo: è lo spazio claustrofobico e creativo in cui Numa ha inciso e prodotto ogni nota, trasformando la costrizione in miccia creativa. “Plastica” come i virtual instruments con cui è stato registrato, ma anche come la condizione che viviamo ogni giorno, sospesi in una realtà artificiale, distorta, che perde consistenza e lascia spazio a un’umanità sempre più friabile e fragile. Dentro questa camera, Numa Nardoni canta il presente con uno sguardo consapevole, disilluso, senza compiacimenti.
È rock, ma non solo. Dentro ci sono punk, synth, ironia e denuncia sociale.
Un’opera disturbante, nonostante sia precisa in tutto: nei suoni, nei testi, nell’attitudine. Persino nelle imprecisioni volute, nelle sgrammaticature stilistiche che fanno parte del genere, e che arrivano dritte, come uno schiaffo. Un’opera che ha il sapore di quello che non si riesce a zittire, e che a volte fa male anche ascoltare.
La cronaca sociale e politica si intreccia alla critica ai social network, al dolore delle guerre, al diritto di esprimersi senza maschere, fino alla rabbia più viscerale.

L’EP si apre con “Vita decadente”, una fotografia sull’attuale stato del mondo, un’istantanea che sembra scritta per i titoli dei giornali di oggi: «Siamo croci su una vita decadente, siamo martiri su una vita decadente»
Segue “Sbatto”, dove il bersaglio sono i social, capaci di trasformare la realtà in spettacolo e il dolore in intrattenimento: «Dietro lo schermo tu sei vero, è quando vivi che sei finto»
Con “Sei anche Michelle”, Nardoni porta nella sua musica la libertà di espressione di un medico stimato che di notte diventa drag queen: una storia inventata ma plausibile, che parla di identità, coraggio e diritto di essere sé stessi.
La traccia più lacerante dell’EP è “Dormi”, una ferita aperta in forma canzone, che tocca una delle immagini più dolorose del nostro tempo: le guerre che strappano i figli dalle braccia dei genitori – «Ti accarezzo, ti piango addosso, e adesso che non ci sei più ti amerò di più». Una ninna nanna funebre che è al contempo denuncia e carezza.
Il disco prosegue con “Numa non mollare l’osso”, dove l’artista ribalta le frustrazioni della sua carriera in un pezzo testardo e diretto che graffia e non si scusa, e “In the Dark I Just Want to Smile Again”, una ballata elettronica inquieta e fragile, in bilico tra desiderio di luce e oscurità.
Chiude l’EP “Syntheticpunk”, traccia in cui Numa si muove tra speranza e caos, tra sorriso e dolore, restituendo due facce della stessa inquietudine, figlia della contemporaneità.
«“La Camera di Plastica” è il mio primo lavoro discografico in cui mi sento davvero soddisfatto – racconta l’artista –. L’ho scritto, prodotto e realizzato tutto da solo, senza nessun’altra mano. È nato dal dolore, ma anche dalla necessità di dire la mia, di fermare in musica ciò che stiamo vivendo. Non ho la pretesa di dare risposte, ma se chi ascolta si ferma un attimo a riflettere, ho raggiunto il mio obiettivo.»
A dare forza al progetto anche l’aspetto visivo: un videoclip doppio che dà volto a due singoli dell’EP, “Numa non mollare l’osso” e “Sei anche Michelle”. Un concept che unisce due storie in un unico racconto visivo, con la regia di Gabriele Corsini e la partecipazione di Camilla Gai in un cameo, della drag queen Niccolò Gabbrielli e dei musicisti Foggy Biliotti (basso), Gianluca Polvere (tastiera), Leonardo Ignesti (chitarra) e Palmiro Santoro (batteria).
“La Camera di Plastica” è tutto questo: una stanza chiusa da cui esce solo verità, distorta ma sincera. Un lavoro crudo, lucido, personale, che non cerca edulcorazione ma confronto. E che, nella sua forma più irregolare, ci riesce.
A seguire, tracklist e track by track del disco.
“La Camera di Plastica” – Tracklist:
1. Vita decadente
2. Sbatto
3. Sei anche Michelle
4. Dormi
5. Numa non mollare l’osso
6. In the Dark I Just Want to Smile Again (Jekyll e Hyde Speciale Halloween)
7. Syntheticpunk (Jekyll e Hyde Speciale Halloween)
“La Camera di Plastica” – Track by track:
Vita Decadente. Il mondo brucia e la coscienza dorme. Una traccia che racconta il collasso sociale, tra religione usata come pretesto, politica come illusione e violenza ereditaria. Siamo croci, siamo martiri: vittime e carnefici di una civiltà alla deriva.
Sbatto. Una raffica punk contro l’ipocrisia dei social network, dove l’identità si dissolve nel “girotondo del sociale”. Tra sarcasmo e furore, Numa denuncia lo scollamento tra apparenza e verità. “Me ne sbatto” diventa il nuovo mantra di sopravvivenza.
Sei anche Michelle. Il manifesto queer dell’EP. Giulio di giorno è un medico rispettabile, di notte diventa Michelle, drag queen. Una canzone teatrale e dolceamara, che celebra la libertà d’espressione e la verità multipla che ognuno porta dentro di sé.
Dormi. Straziante, viscerale. Un bambino ucciso dalla guerra, una madre che piange accarezzandone il corpo. Per l’ultima volta. “Dormi” è una ballata funebre che colpisce come una mitragliata al cuore. Il lutto è raccontato dentro, senza giustificazioni, senza retorica.
Numa non mollare l’osso. Autobiografica, ironica, tagliente. Tra promesse mancate, manager truffaldini e tv che preferiscono chi si arrende, Numa racconta il suo percorso artistico senza sconti e senza censure. E sceglie la cosa più difficile: resistere.
In the Dark I Just Want to Smile Again. Un’anima ferita che cerca di sorridere nel buio. Dr Jekyll prende voce in questa ballata elettronica inquieta e fragile, sospesa tra desiderio di luce e ombra. È il lato più vulnerabile e speranzoso di Nardoni, raccontato con un’intensità che sembra trattenere il respiro.
Syntheticpunk. Il gran finale, affidato a Mr Hyde. Rumore, disagio, provocazione. Un flusso distorto dove il punk si fa cyber e l’umanità si fonde con la nevrosi. La traccia più estrema e teatrale dell’EP, specchio del caos contemporaneo.